Balletto imperiale
Balletto imperiale è una delle coreografie di George Balanchine che più a lungo ha resistito nel repertorio del Teatro alla Scala. Fu allestito dalla compagnia milanese nel marzo 1952, protagonisti principali Olga Amati, Gilda Majocchi e Giulio Perugini e la sua ultima ripresa risale al 2010.
In mezzo, le edizioni del 1953, 1954, 1962 con Carla Fracci, Fiorella Cova, Roberto Fascilla, e ancora: quella del 1969 in cui comparve Liliana Cosi, quella del 1971, 1973 e del 1986. Tale successo non può che addebitarsi, come scrisse il critico Mario Pasi in occasione della ripresa anni Ottanta, al fatto che Balletto imperiale è “uno dei momenti di più alta classe e astrazione nella lunga parabola creativa di George Balanchine; al tempo stesso, è il simbolo della sua mai sopita volontà di ricollegarsi alle preziose origini accademiche nutrite dai Teatri Imperiali”. D’altra parte, lo stesso Balanchine definì questo suo evergreen, nato nel 1941 all’Hunter College Playhouse di New York per l’American Ballet, “tributo contemporaneo a Marius Petipa, ‘il padre del balletto classico’, e a Čajkovskij, il suo maggiore compositore, strutturato sul Concerto per piano n°2 e con danza pura, priva di traccia narrativa”.
Eppure, il décor di Eugèn Berman, con lussuosi drappeggi e una cupola sullo sfondo introduceva lo spettatore nel salone di un immaginario palazzo regale. In consimili ambienti fastosi, spesso semplificati anche nei costumi (e quelli originali di Balletto Imperiale furono firmati dallo stesso), il coreografo ambientò molti altri suoi balletti, “ritrovandovi sempre le ebbrezze dei capolavori di Petipa e Lev Ivanov, cari alla sua adolescenza, e quello stile impeccabile che egli, che pure si sentiva moderno, considerava il vangelo della danza”(Pasi).
Balletto imperiale, dunque, non tradisce il suo titolo. Nel primo dei suoi tre movimenti (Allegro brillante), otto coppie sono ferme in diagonale: le file maschili fronteggiano quelle femminili a una certa distanza. Iniziano a danzare, quand’ecco che sono raggiunte prima da otto danzatrici, poi da una solista: una giovane che prepara l’entrata della Ballerina. Questa Ballerina e la bellezza della sua performance ci convincono che stiamo ammirando una regina. All’inizio la Ballerina si esibisce da sola, poi è raggiunta da un cavaliere. Entrambi abbandonano la scena con il Corpo di Ballo, ma resta la solista che interpreta un pas de trois con due ballerini. La Ballerina e il Corpo di Ballo rientrano con giovanile e aristocratico splendore.
Il secondo movimento (Andante non troppo) parte con pathos e sentimento. La Ballerina entra con il suo cavaliere: si muovono in un labirinto formato da otto danzatrici. La coppia è felice nonostante un breve distacco subito ricomposto dalla tenerezza; il corpo di ballo sembra proteggere la sua intimità, indi sospinge la coppia fuori scena. Infine, nel terzo movimento (Allegro con fuoco), su di una musica gioiosa e increspata di brillantezza, la Ballerina è sollevata sulle spalle del suo cavaliere, che poi la posa delicatamente a terra, affinché lei si esibisca veloce e fascinosa, come sospinta dalle note. I due lasciano la scena per un momento al corpo di ballo, poi rientrano per condurre le danze. Il cavaliere si ritaglia una variazione; la solista si mette in luce brevemente tra gli altri danzatori, prima del ritorno della Ballerina che termina il balletto alla testa della sua corte, in un elettrico fiorire di tutto l’insieme.