Gregorio Sciltian
(Grigori Siltian, Grigorij Ivanovic Šiltjan)
Giunto a Milano nel 1933, esporrà alla Galleria Scopinich e alla Galleria Gian Ferrari, avrà commissioni da personalità di spicco come i conti Visconti di Modrone e Alberto Mondadori. Giovanni Scheiwiller gli dedicherà un numero della prestigiosa collana di pittura di Hoepli; infine, nel 1980 riceverà da Tognoli la medaglia di primo cittadino di Milano.
L’arrivo a Milano di Grigorij Šiltjan, nel marzo del 1933, non è dei più felici: in fuga dalla vita frenetica di Parigi, ripara in un albergo milanese d’infima categoria, vede andare in fumo la personale in programma alla Galleria Barbaroux e viene trattenuto al Commissariato di Polizia per un controllo. Si ritrova così solo, senza mezzi, in una Milano piovosa, ostile e sconosciuta. A riaccendere le sue speranze è l’incontro con Luigi Scopinich, proprietario dell’omonima galleria di via Sant’Andrea, che ordina una sua personale. Intanto Šiltjan entra in contatto con diverse personalità del mondo artistico milanese: dapprima il gallerista Enrico Somarè, quindi il pittore Piero Marussig e altri artisti che l’amico Giorgio De Chirico, conosciuto a Parigi, gli presenta. Dopo un inizio in sordina, la mostra alla Galleria Scopinich, allestita nel giugno 1933, chiude con un bilancio soddisfacente: ottime recensioni, quattro opere vendute e la decisione di Šiltjan di tentare la fortuna a Milano. La città lombarda gli appare ora come un luogo stimolante e carico di promesse:
Milano […] era ed è l’unica città del mondo in cui l’arte è intesa nel senso più profondo e genuino, e interessa tutti i ceti della popolazione. Il quadro qui non è solamente un diletto estetico o speculativo, ma un oggetto indispensabile, al cui fascino non si sottrae nessuno, dall’umile abitante di periferia al più potente re dell’industria. Per questo motivo a Milano esiste una complicatissima gamma di amatori, dai più modesti ai più grandi collezionisti, come in un susseguirsi di gradini che dal basso verso l’alto giungono fino ai grandi Maestri. (Sciltian, Mia avventura, pp. 428)
Deciso a partire dal gradino più basso, Šiltjan colloca i suoi quadri nelle botteghe dei vetrai milanesi dove, in quegli anni, freme una vivace attività di compravendita di opere d’arte più o meno valide: qui Šiltjan trova i suoi maggiori acquirenti tra panettieri, bottegai e proprietari di cinematografi. Nel corso degli anni Trenta, la rete di conoscenze di Šiltjan si allarga sensibilmente. Dopo due personali alla Galleria Scopinich e alla Galleria Gian Ferrari, iniziano a commissionargli opere personalità di spicco come i conti Visconti di Modrone o Alberto Mondadori; Giovanni Scheiwiller gli dedica un numero della prestigiosa collana di monografie di pittori moderni edita da Hoepli, mentre nel febbraio 1942 il critico Ugo Ojetti scrive un articolo sul Corriere della Sera, dove arriva ad accostare il nome di Šiltjan a quello di Caravaggio. L’articolo di Ojetti segna per Šiltjan l’inizio di un’altra vita, costellata di nuovi successi, amicizie, riconoscimenti: non ultimo quello del 1980, quando riceve dal sindaco Carlo Tognoli la medaglia di primo cittadino di Milano.
Scheda biografica
Nasce a Nachichevan’-na-Donu nell’agosto del 1900, da padre avvocato e madre discendente di una ricca famiglia di industriali armeni. Dopo il liceo, si trasferisce a Mosca dove continua gli studi classici al ginnasio Adolfi e inizia a dedicarsi allo studio delle arti figurative. Tornato a Rostov, espone le sue prime opere, di carattere cubo-futurista, all’interno di mostre collettive.
Allo scoppio della rivoluzione d’ottobre fugge in Georgia e si stabilisce provvisoriamente a Tbilisi. Qui entra nell’ambiente cosmopolita della città e si unisce per breve tempo a un gruppo di intellettuali d’ispirazione anarchico-nichilista-dadaista, e conosce il pittore moscovita Voldemar Boberman, allievo di Il’ja Maškov, e sua sorella Elena, che in seguito sposerà.
Nel 1920 lascia in modo definitivo la Russia, trasferendosi prima a Costantinopoli e poi a Vienna, dove studia all’Accademia di Belle Arti. Nel 1922 raggiunge a Berlino la famiglia Boberman dove nel 1923 sposa Elena Boberman. Dopo il viaggio di nozze a Monaco, prosegue, inizialmente da solo, verso l’Italia, la sua “terra promessa”. Fino al 1927 risiede con la moglie a Roma, dove frequenta circoli di espatriati russi e intellettuali e artisti italiani, fra cui Corrado Alvaro, Alberto Savinio, Giorgio De Chirico, Vincenzo Cardarelli, Roberto Longhi e sua moglie, la scrittrice Anna Banti. Nel 1924, a una sua mostra tenutasi al Teatro Nazionale di Roma, conosce Filippo De Pisis, che gli dedicherà le seguenti parole: “La tua pittura, che sotto un certo aspetto può chiamarsi caravaggesca, non poteva trovare un esegeta più autorevole e geniale” (De Pisis, 1941).
Dal 1927 al 1932 vive con la moglie a Parigi; il soggiorno non è felice – Šil’tjan non sopporta l’ambiente artistico parigino dell’epoca, effimero e dettato dalle varie avanguardie moderne – e rientra in Italia.
Nel 1933 è dunque a Milano, dove risiede all’albergo Rodi in via Bottonuto 4. Dopo un periodo di villeggiatura trascorso a Nesso, sul lago di Como, si trasferisce con la moglie nel capoluogo lombardo, in via Olindo Guerrini, quindi, dal 1937 al 1939, in via della Spiga (per le prime impressioni su Milano si veda Sciltian 1963, pp. 399-405; sulla Lombardia, lago di Como, Brianza, Monza, Bergamo pp. 410-416).
Durante il secondo soggiorno italiano, a Milano, viene raggiunto da De Chirico e Savinio, frequentati assiduamente anche negli anni parigini. Durante la guerra si rifugia con la moglie a Villa Lilli (dal nome con cui Elena viene chiamata dagli amici), in Via Premignaga, a Morgnaga, frazione di Gardone Riviera, sul Lago di Garda.
Nel 1947 torna a vivere a Milano (prima in via Bigli, poi in uno studio in Palazzo Trivulzio), trascorrendo le estati a Villa Lilli e nel suo studio a Venezia, sull’isola della Giudecca.
Nello stesso anno firma, insieme a Pietro Annigoni, Alfredo Serri, Giovanni Acci, Carlo Guarienti, Xavier e Antonio Bueno il “Manifesto dei Pittori Moderni della Realtà”, allo scopo di promuovere un’arte legata alla tradizione figurativa e di contrastare le varie correnti dell’informale sorte nel secondo dopoguerra. Con il gruppo Šil’tjan espone in più occasioni nella seconda metà degli anni Quaranta. Successivamente si trasferisce a Roma, sul Lungotevere Raffello Sanzio, trascorrendovi gran parte del resto della sua vita. Morirà nel 1985.
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